America: Da Colonia a Superpotenza. Parte I: 1776-1876

Che queste Colonie Unite siano, e di diritto, debbano essere libere e Stati Indipendenti, che siano dispensate dall’obbedienza alla Corona Britannica, e che tutti i legami politici tra esse e lo Stato della Gran Bretagna siano e debbano essere completamente sciolti.

[Dalla Dichiarazione di Indipendenza, 1776]1

Nel 1775 le tredici colonie britanniche del Nord America avevano una popolazione di 2,5 milioni di persone. Tra il 1776 e il 1783, grazie alla guerra di Indipendenza, avevano ottenuto l’indipendenza dall’impero britannico. I coloni cercarono di fondare un nuovo paese, gli Stati Uniti d’America. Avevano rifiutato la monarchia britannica, firmato una Dichiarazione di Indipendenza che garantiva i diritti fondamentali dei cittadini, e ora dovevano decidere come meglio governare il loro nuovo paese.

Il sistema di governo britannico riuniva in sé monarchia, aristocrazia e democrazia. Gli americani credevano nel repubblicanesimo in cui il popolo, e non il parlamento, era sovrano. Gli intellettuali del 18° secolo sostenevano che una repubblica, richiedendo il consenso delle persone, poteva esistere solo in un piccolo territorio, e più la popolazione era vasta, più le opinioni sarebbero state eterogenee. Ma gli americani che avevano firmato la Dichiarazione di Indipendenza e avevano combattuto in guerra erano decisi a fondare una repubblica efficiente. Ora il problema maggiore riguardava il governo centrale e quanto forte esso dovesse essere. La Costituzione fu ratificata nel 1778. Prevedeva la separazione del potere tra i sistemi esecutivi, legislativi e giudiziari del governo nazionale, oltre alla separazione tra il potere dei singoli stati e quello della nazione. Il suo sistema bilanciato rendeva impossibile che il governo si trasformasse in tirannide. La relazione tra stato e poteri nazionali, definita in modo alquanto vago, avrebbe in futuro perseguitato il paese. Ma per il momento gli Stati uniti avevano una nuova Costituzione, un nuovo governo e un territorio sterminato da gestire a loro piacimento.

Il primo sistema bipartitico: Federalisti contro Repubblicani, 1789-1801

Cittadini per diritto o per scelta, di un paese comune, questo paese ha il diritto di concentrare i vostri affetti. Il nome di Americano, che vi appartiene, nella vostra capacità nazionale, deve sempre esaltare il giusto orgoglio patriottico.

[Discorso di Addio del Presidente George Washington, 1796]2

Nel 1789 George Washington divenne il primo presidente americano. Dopo la sua rielezione nel 1793, una parte della popolazione americana cominciò a ricercare un cambiamento attraverso le politiche elettorali. La teoria politica tradizionale considerava illegittima l’opposizione in una repubblica, ma questo punto di vista sarebbe cambiato nel corso del tempo. I leader dell’opposizione, Thomas Jefferson e James Madison, ritenevano che il governo favorisse gli interessi dei ricchi commercianti a spese degli agricoltori e che gli Stati Uniti corressero il rischio di essere dominati da un’aristocrazia corrotta. Jefferson, Madison e i loro seguaci del Congresso cominciarono a definirsi repubblicani. Washington si ritirò dalla vita politica nel 1797 e nel suo discorso d’addio definì due principi che avrebbero accompagnato la politica degli Stati Uniti fino al 20° secolo: intrattenere rapporti commerciali ma non politici con le altre nazioni e non stringere alleanze permanenti.

L’elezione presidenziale del 1796 fu la prima elezione ad essere seriamente contestata. I membri del Congresso votavano sempre di più in gruppo piuttosto che individualmente. Benché non fossero ancora partiti politici nel senso moderno del termine, Federalisti (che avevano steso la prima copia della Costituzione) e Repubblicani erano i due gruppi dominanti del Congresso. Poiché la Costituzione non prevedeva che si esprimesse la propria preferenza a una persona per la carica di Presidente e ad un’altra per quella di Vice Presidente, gli elettori votavano due persone. Quella che otteneva il maggior numero di voti diventava Presidente, quella che ne otteneva un numero appena inferiore diventava Vice Presidente. Il federalista John Adams fu eletto Presidente mentre il suo Vice era un repubblicano. A quell’epoca Stati Uniti e Francia erano sul piede di guerra, guerra che veniva combattuta tra la Marina degli Stati Uniti e navi francesi che cercavano di catturare i mercantili americani. Nel tentativo di censurare la critica repubblicana alla sua politica estera, il governo varò l’Alien e Sedition Act che, tra le altre cose, limitava la libertà di espressione. In risposta a ciò, i repubblicani in Virginia e in Kentucky approvarono delibere grazie alle quali chi parlava a nome del proprio stato aveva il legittimo diritto di giudicare la costituzionalità degli atti del governo federale. Il che poneva la seguente domanda: in che misura i singoli stati si potevano opporre al governo centrale? Con il trascorrere del tempo, questa spinosa questione sarebbe divenuta di grande attualità per gli Stati Uniti.

Da Jefferson al Compromesso del Missouri

Credo questo…il governo più forte della terra. Credo che sia l’unico in cui ogni uomo, al richiamo della legge, si atterrebbe ai suoi standard e affronterebbe l’invasione dell’ordine pubblico come se fosse un suo interesse personale.

[Primo discorso inaugurale del presidente Thomas Jefferson, 1801]3

Nel 1800 si raggiunse un accordo con la Francia. Il repubblicano Thomas Jefferson fu eletto presidente l’anno seguente. Egli non condivideva le teorie mercantiliste di Hamilton ed era a favore di una politica federale più passiva. In novembre la sede del governo si trasferì da Philadelphia a Washington, nel distretto della Columbia, formato da Maryland e Virginia. La sede del governo non era quindi situata in un singolo stato. L’Alien e Sediction Act non aveva più ragione di esistere. Nel caso 'Marbury contro Madison', la Corte Suprema si aggiudicò il grande potere di giudicare la costituzionalità delle leggi approvate dal Congresso. Lo stesso anno, grazie all’annessione della Louisiana, l’America acquistò 827.000 miglia di terreno dalla Francia per 15 milioni di dollari, raddoppiando così l’estensione degli Stati Uniti e aprendo il territorio ad ovest del Missisipi alla colonizzazione americana. Jefferson si candidò alla rielezione nel 1804, vincendo in quindici dei diciassette stati. I Repubblicani avevano cominciato a fare campagne espressamente dirette all’elettorato e si erano creati un nutrito gruppo di sostenitori, lasciando indietro i Federalisti. Jefferson seguì l’esempio di Washington e rinunciò al terzo mandato. Per la prima volta nella storia la nomina repubblicana venne contestata e James Madison vinse entrambe le elezioni presidenziali del 1808.

Ma le guerre napoleoniche continuavano ad avere un impatto sugli Stati Uniti. La guerra commerciale tra Francia e Gran Bretagna colpì duramente il commercio americano. Le navi inglesi fermavano continuamente i mercantili americani e catturavano presunti fuggitivi inglesi a bordo. Allo stesso tempo, all’ovest, gli inglesi incoraggiavano i nativi americani a rimanere sulle terre reclamate dal governo americano. Nel 1812 America e Gran Bretagna erano in guerra. La terra interessata era situata al confine tra Canada e America, poiché il Canada faceva parte dell’impero britannico, la Chesapeake Bay in Virginia, e i territori di Louisiana e Missisipi. Dopo aver sconfitto Napoleone nell’aprile del 1814, gli inglesi intensificarono la loro campagna per la conquista delle terre in America. Washington D.C. fu occupata e messa al rogo. Lo scontro tra le due forze raggiunse una fase di stasi. La resistenza degli indiani al sud fu sconfitta da Andrew Jackson, il quale difese in seguito con successo New Orleans dagli attacchi inglesi. Entrambe le parti stipul
arono il trattato di pace di Ghent.

La guerra del 1812 aveva visto quasi 300.000 americani combattere per l’indipendenza. Ciò ribadì nella mente di molti che gli Stati Uniti non avrebbero dovuto immischiarsi nelle questioni europee. Per i nativi americani i risultati furono disastrosi. Il loro maggior alleato, la Gran Bretagna, si era tirato indietro lasciandoli alla mercé degli americani assetati di terra. La guerra nocque anche ai Federalisti, la cui roccaforte era da sempre il New England. Ora vedevano questo bastione indebolirsi mentre l’Ovest e il Sud crescevano in numero e in forze. Queste aree erano il cuore della forza dell’elettorato repubblicano. Il successo dei Repubblicani nella guerra del 1812 accelerò ulteriormente il declino dei Federalisti. Dopo due mandati, il presidente Madison si ritirò. Il suo successore fu il repubblicano James Monroe, il terzo cittadino della Virginia a diventare Presidente tra il 1801 e il 1825. Monroe sconfisse facilmente l’ultimo candidato federalista, Rufus King, nelle elezioni presidenziali del 1816.

Con il partito federalista in declino, il candidato repubblicano Monroe non ebbe rivali e nelle elezioni del 1820 fu rieletto. Il segretario di Stato di Monroe, John Quincy Adams, era un convinto sostenitore dell’espansionismo americano ma mirava a raggiungere lo scopo non attraverso la guerra, bensì attraverso la negoziazione. Pensava inoltre che i territori recentemente acquisiti dovessero proibire la schiavitù. Nel 1817 Gran Bretagna e Stati Uniti, di comune accordo, smilitarizzarono i confini tra Canada e America. Nel 1819 la Spagna cedette la Florida agli Stati Uniti. La pretese territoriali dell’America si estendevano ora dall’Atlantico al Pacifico mentre il paese era in costante crescita. Nel 1823 il presidente Monroe presentò la Dottrina Monroe, escogitata da Adams. Essa prevedeva la non intrusione delle nazioni europee nei territori americani, a meno che non vi possedessero delle colonie. In cambio, Monroe garantiva la non interferenza degli Stati Uniti nelle questioni europee, incluse le colonie europee nel Nuovo Mondo. L’Europa obbedì alla dottrina solo perché era appoggiata dalla Gran Bretagna, la quale era determinata a tenere le altre nazioni europee fuori dall’emisfero per garantirsi il monopolio sul commercio nell’Atlantico.

Nel 1819 cominciò ad emergere il problema della schiavitù. Il Missouri fece una petizione al Congresso per essere ammesso all’Unione come stato schiavista. All’epoca l’Unione consisteva di undici stati schiavisti e undici stati non schiavisti. Se il Missouri fosse stato accettato avrebbe compromesso questo equilibrio. Alla fine si giunse ad un accordo e il Missouri e lo stato non schiavista del Maine entrarono a far parte dell’Unione. Ma il dibattito aveva suscitato più ampie questioni riguardo alla moralità della schiavitù e al potere che la schiavitù dava agli stati del Sud. Gli stati non schiavisti del Nord e gli stati schiavisti del Sud cominciarono ad avere opinioni sempre più divergenti a proposito della schiavitù. Questo problema avrebbe minato e infine diviso l’unità del partito repubblicano.

Il periodo tra il primo e il secondo sistema bipartitico. L’era del presidente Jackson, la nascita del partito democratico e il reinsediamento forzato dei nativi americani.

Quale uomo preferirebbe un paese coperto di foreste e dominato da un branco di selvaggi alla nostra Repubblica, popolata di città, paesi e floride fattorie..?

[Secondo messaggio annuale del presidente Andrew Jackson al Congresso, 6 Dicembre 1830]4

Diventare stranieri e vagare nella terra dei loro padri, costretti a tornare alla vita selvaggia e a cercare una nuova dimora nel selvaggio e lontano Ovest, e tutto questo senza il loro consenso. Uno strumento che si propone di trasformare in un trattato con i Cherokee è stato di recente reso pubblico dal Presidente degli Stati Uniti e, una volta entrato in vigore, avrà queste conseguenze.

[Da Memoria e Protesta della Nazione Cherokee, 22 Giugno 1836]5

Durante il 1820 la fine dei Federalisti e la conseguente frammentazione dei Repubblicani mise fine alla prima esperienza dell’America con i partiti politici. Ma a partire dal 1824 si assistette alla nascita di un nuovo tipo di partito in cui il conflitto politico tra le parti era visto, a differenza di ciò che accadeva prima, come inevitabile e costruttivo. In questo periodo ebbero luogo altri due importanti cambiamenti. A partire da Jackson i partiti nominavano i loro candidati in comizi elettorali segreti. Questo sistema fu usato per l’ultima volta nel 1824; nel 1832 esso fu sostituito dalla convention nazionale di nomina, che in teoria dava al partito la possibilità di esprimere la propria opinione nelle nomine. Il secondo cambiamento riguardava le elezioni presidenziali. Nel 1832 tutti gli Stati, a parte la Carolina del Sud, avevano trasferito le elezioni degli elettori presidenziali dal sistema legislativo ai votanti.

Nell’elezione del 1824 Andrew Jackson, benché in vantaggio per voti elettorali e popolari, non raggiunse la maggioranza nel collegio elettorale dei votanti e il Congresso elesse John Quincy Adams come sesto Presidente. Questo provocò la divisione del partito repubblicano in Repubblicani Nazionali (sostenitori di Adams) e Repubblicani-Democratici (sostenitori di Jackson). Adams e Jackson si trovarono di nuovo uno di fronte all’altro nell’elezione del 1828, conflitto acerrimo e intensamente personale. I suoi seguaci sostenevano che nel 1824 a Jackson fosse stata rubata la presidenza. Le due fazioni si accusarono a vicenda di ruffianaggio, adulterio e omicidio, oltre ad altre accuse infamanti. Adams vinse negli stessi Stati in cui aveva vinto nel 1824 (soprattutto gli Stati del New England) ma questa volta l’opposizione fece fronte comune e vinse Jackson. Il team della campagna elettorale di Jackson aveva prodotto in massa medaglie, distintivi e altri oggetti che i sostenitori potevano indossare. Nella campagna e nella creazione di una vasta base di supporto furono spese enormi somme di denaro. Il partito dei Repubblciani-Democratici (abbreviato in Democratici) divenne il primo partito nazionale organizzato degli Stati Uniti. I loro metodi sarebbero divenuti il prototipo di quelli dei partiti politici del 19° secolo.

Pages: 1 2 3 4