La Tirannia della Tecnica

Alla vigilia della 18a edizione dei Campionati del Mondo di calcio, la maggiorparte dei tifosi non riesce ad evitare l'impressione che il gioco, a livello mondiale, sia in piena crisi. Alcuni dei mali del calcio sono stati più volte diagnosticati, ma la validità di tali diagnosi rimane oggetto di discussione. Ad esempio, molti sostengono che le cifre astronomiche che ruotano intorno all'industria calcistica hanno trasformato la maggiorparte dei campioni in mercenari. Questo può essere vero o meno, ma il ragionamento presenta un punto debole: l'essere mercenario non ha mai impedito a nessuno di fare un buon lavoro. E' vero che tanti degli esponenti più significativi del gioco contemporaneo appaiano palesemente motivati dal denaro. Sebbene sia valida in determinati esempi, la versione tradizionale che i soldi stiano rovinando il calcio sembra troppo semplicistica. Molti affermano anche che il gioco moderno sia diventato troppo difensivo, che il calcio abbia bisogno di più goal. Chi è di questa idea nonha capito niente: nel calcio, ciò che conta è il tentare. E' essenzialmente il gioco del gatto col topo, lo scopo è quello di vincere 1-0. Un 3-0 significa che non c'era competizione. 1-0 è la perfezione. Una volta che si elimina il tentativo, non è più il calcio come lo intendiamo noi. Molti sport richiedono abilità tecniche ed atletiche, ma molto pochi hanno bisogno di questa sorta di capacità decisionale dimostrata dai migliori calciatori. E' questo elemento tattico che fa del gioco la perfetta miscela di forma atletica, tecnica e intelligenza. La propensione nel calcio a testare questi tre attributi è precisamente quello che lo rende il gioco più bello ed intrigante del mondo. Il trito e ritrito controargomento è che le tattiche siano diventate eccessivamente sistematizzate, che di conseguenza il gioco a livello professionistico sia divenuto sterile, e che il calcio sia 'un gioco semplice reso più complicato dagli allenatori'. Che miserabile sciocchezza! Tutti i bravi allenatori per istinto tendono alla semplificazione. La prima cosa che il 99% degli allenatori competenti raccomanderebbero ad un ragazzino è di non complicare le cose. Il probelma è che la maggioranza dei ragazzini di talento raramente ascoltano. Bisogna ammettere che essi hanno ragione: semplificare può renderti un giocatore migliore una volta che hai raggiunto il tuo livello, ma non ti permette di farti notare dai talent-scout. In realtà il calcio è un gioco semplice reso complicato dai giocatori. Possiamo anche non essere d'accordo su quali precisamente siano i problemi più gravi del gioco a livello mondiale, ma concordiamo comunque che il calcio sia in crisi. Lo scopo di questo articolo è quello di evidenziare alcuni dei più recenti sviluppi in questo campo.

La Coppa del Mondo del 2002 ha dipinto un ritratto deprimente dello stato del gioco a livello mondiale. Per molti, la competizione si è salvata solo per la vittoria finale del Brasile; a dispetto di tutte le squadre tecnicamente deboli, del gioco scadente e della negatività, aveva trionfato il 'bel gioco'. Questa è l'analisi di un bambino di otto anni. La verità è che il bel gioco è stato pesantemente aiutato. Per iniziare, un'altro nuovo pallone, ancora più leggero. A cominciare da prima dei Mondiali del 1990, ogni nuovo pallone che si è succeduto ha reso i tiri dalla distanza più facili e i passaggi corti più difficili. I passaggi ravvicinati erano una delle caratteristiche che identificavano le squadre più forti. Adesso ti causano problemi. In realtà, la FIFA ha legiferato contro questo tipo di passaggi. Questo ha rappresentato un chiaro vantaggio per una squadra atleticamente e tecnicamente preparata ma in qualche modo senza cervello come il Brasile. Il nuovo pallone spesso rende il dribbling un'opzione preferibile alla ricerca di compagno di squadra: tanto meglio per un centrocampo pieno di giocatori indulgenti con se stessi che si rifiutano, o non sono capaci, di cercare uno spiraglio. Per quanto riguarda poi i goal, perché affannarsi a cercare di passare la palla quando adesso è possibile segnare, regolarmente, dai 35 metri? Il nuovo pallone ha anche reso una buona difesa meno rilevante: non è più necessario penetrare nell'area di rigore avversaria per fare goal. Improvvisamente, buonsenso e organizzazione difensiva hanno molto meno valore. L'unica cosa che importa ora è avere un vantaggio territoriale e attaccanti. In questo senso, il 'bel gioco' si differenzia ben poco dal suo presunto contrario, il cosiddetto long-ball. Entrambi gli stili consistono essenzialmente nel tentativo di provocare errori al limite dell'area avversaria: dribblare, perdere palla, fare pressione, riconquistare palla, dribblare nuovamente, … Ad ogni fase di possesso di palla, questa continua riduzione del gioco ad una successione di situazioni di tipo uno-contro-uno indebolisce, mentalemtne e fisicamente, i difensori avversari. Nell'ipotesi di una tua superiorità nella marcatura a uomo, queste fasi di possesso di palla dovrebbero spingere l'avversario sempre più profondamente nella loro area. Fino a che un difensore lascia un varco o dirige un colpo di testa verso la zona sbagliata e … oplà!! Goal, quasi senza che ci sia bisogno di passaggi o movimenti di palla. Avete notato la staticità del Brasile all'ultimo Mondiale? Gli unici giocatori che tentavano di farsi spazio prima di ricevere la palla erano Roberto Carlos, Cafu e Ronaldo. Per i terzini tale movimento non era di gran aiuto in quanto i centrocampisti quasi mai passavano il pallone abbastanza velocemente: parevano non sapere come lasciar fare alla palla il suo compito. Tanta tecnica, e assolutamente zero finezza. Una grande proporzione dei goal segnati dal Brasile agli ultimi Mondiali si sono realizzati così. Dieci anni fa, la tattica del calcio lungo adottata dalla Norvegia funzionava lungo la medesima logica di base territoriale. Inutile dire che la squadra era considerata il peggio dei peggio. Ma, naturalmente, i brasiliani rappresentano i 'buoni'.

Inutile anche dire che non sempre funziona. Non ha funzionato nei sedicesimi di finale nel 2002. Durante l'ora iniziale dell'incontro di secondo turno, il Belgio si è rivelato migliore in campo rispetto al Brasile. Con passaggi di palla semplici ed efficaci. Ha giocato il vero calcio. Il goal era inevitabile. Quando c'è stato, allo scadere dei primi sessanta minuti (un colpo di testa da manuale di Marc Wilmots), il guardialinee ha sventolato la bandierina. Ad oggi non è stata fornita una spiegazione accettabile delle motivazioni. Un errore isolato? Può essere, ma i belgi non parevano pensarla così. Si resero conto in quel momento che al Belgio, tradizionalmente etichettato come una squadra di operai qualificati a giornata, semplicemente non è permesso battere il Brasile nella fase di eliminazione di una Coppa del Mondo di calcio. I belgi iniziaroino a quel punto a giocare malissimo e il Brasile carburò e finì per vincere con un 2-0. Molti sapientoni dichiararono che il punteggio finale rifletteva la sua evidente superiorità. Cazzate! La complicità della maggiorparte dei media in questo spettacolo osceno è stata scandalosa. Durante le fasi successive del campionato, l'incompentenza tattica del Brasile poteva non funzionare, se non fosse che a Italia e Spagna, due squadre dotate di una tale presenza atletica a centrocampo da poter contrastare il dribbling brasiliano, sono capitati degli arbitri infernali. Cosa sarebbe capitato se i centrocampisti del Brasile avessero provato a correre senza cervello contro lo spagnolo Ruben Baraj
a o l'italiano Luigi Di Biagio? Sarebbero stati mangiati vivi. Sarebbero stati obbligati a passarsi la palla in fase di avanzamento a centrocampo e avrebbero dimostrato la loro mancanza di intelligenza. Ecco come la FIFA è riuscita a fare della più lampante debolezza del Brasile la loro forza. Non nego che la squadra brasiliana possedesse un talento immenso. Il punto qui è che il talento grezzo, di per sé, non è molto interessante. Qualsiasi competizione in cui le capacità fisiche e tecniche di un team sono talmente superiori a quelle delle altre squadre da non dover neppure pensare durante le partite diventa inevitabilmente noiosa. L'ultima volta, il Brasile era tanto noioso quanto qualunque squadra norvegese io abbia mai visto.

Si può dire lo stesso del Real Madrid in questi ultimi anni. Tra il 2000 e il 2002 ha dominato il mondo del calcio a livello europeo, giocando un tipo di calcio tra i più puerili della storia moderna di questo sport. Bisogna ammettere che la squadra che vinse la Champions' League nel 1998 era costituita da un gruppo di giocatori completamente diverso. L'unico calciatore nella squadra del 2002 che può essere descritto come un 'distributore di palloni' nato era Zinedine Zidane, che normalmente giocava troppo avanzato per esercitare una continua influenza sul tipo di gioco. Il risultato era lo stesso ritmo 'partenza/arresto' del Brasile, caratterizzato dalla stessa logica commerciale. Fino a venti anni fa, la maggiorparte delle società di calcio ricorreva al medesimo progetto commerciale di buon senso: per fare soldi (che era dopotutto la loro raison d'être) si doveva migliorare la qualità del prodotto. Cercavano di aumentare i profitti giocando un calcio migliore. I profitti erano determinati dal calcio. Adesso il calcio è determinato dal profitto: gli allenatori non sono più responsabili delle politiche di trasferimento. Ne risulta generalmente una squadra di eccellenti giocatori che toccano palla ognuno troppe volte per creare spazio per gli altri. Il progetto commerciale non consiste in una squadra di giocatori complementari gli uni agli altri, non hanno bisogno di essere tali. Con i profitti extra derivanti dai diritti TV e dal merchandising, si può compensare la mancanza di fluidità tramite l'acquisto di giocatori sempre migliori. Il problema con questo progetto è che vincola i club ad una spirale economica per cui devono comperare giocatori sempre più dotati e costosi, per compensare il tipo di calcio giocato che diventa sempre più incoerente. I giocatori possono anche lavorare duramente gli uni per gli altri, ma se più di uno di loro dribla ad ogni fase di possesso di palla, questo normalmente rallenta i passaggi fino a quando si perde terreno invece che guadagnarlo. Economicamente poi, qualsiasi club che inizia questa spirale corre continuamente il rischio di fallire l'anno successivo. Il real Madrid è fortunato in questo senso: come tesoro culturale nazionale per la Spagna, non può esser lasciato fallire ed è stato salvato dal governo spagnolo. Il governo spagnolo può spendere i propri soldi come meglio gli pare. Nel campo dei sussidi corporativi, questa storia non è delle piò ingiuste che ho sentito. Quello che mi preme è che la mancanza di meritocrazia economica si trasformi in calcio volgare e noioso.

Le ragioni della FIFA dietro questa interferenza a 360 gradi in ciò che un tempo era il mondo del calcio sono ovvie: in termini di tifoseria, il calcio ha subito lo stesso processo cui abbiamo assistito vent'anni fa in campo musicale. Il pubblico – e gli utenti – di riferimento sono ora ragazzini in età pre-puberale. Reclutali come tifosi, e saranno di tua proprietà per tutta la vita. Una tifoseria di adulti ben informati può disilludersi con la volgarità del bel gioco, ma continuerà a seguire le partite. Oltretutto, siamo onesti, i bambini di otto anni in pratica hanno un maggior potere d'acquisto. Generalizzando, ai giovani piacciono le bevande alcoliche zuccherose, gruppi di musicisti capelloni con potenti assoli di chitarra e un tipo di calcio tecnicamente di grande effetto. Quando crescono i loro gusti si fanno più raffinati. Una ragione in più per spiegare perché il modo di promuovere il calcio praticamente ignora la tifoseria adulta. La prima regola della pubblicità: il consumatore non può essere intelligente, informato o perspicace. Se il consumatore infrange questa regola, egli deve essere condannato all'oblio sui mezzi di comunicazione. Se la pubblicità dice che tu non esisti, beh, tu non esisti.

Un leggendario allenatore del Brasile, Tele Santana, disse in un'occasione che a lui bastava vedere come un giovane giocatore toccava la palla una volta per sapere se il giocatore in questione avesse qualche possibilità a livello professionistico. Secondo lui, la seconda volta non era così importante. In altre parole, Santana ripeteva quella che è una delle grandi massime del calcio: i grandi giocatori sono quelli che riescono a farlo sembrare facile. C'è chi insiste che il calcio sia una forma d'arte e che bisognerebbe enfatizzare i suoi aspetti estetici. Sono completamente d'accordo, ma se il calcio è una forma d'arte, ha bisogno di sottoporsi ad una rivoluzione minimalista come è successo con le arti visive, la letteratura, l'architettura e la musica. In ogni caso, il talento grezzo e la tecnica non sono più considerati le virtù maggiori; tali sono invece il buon senso e il fattore economico. Meno equivale a più. Il Brasile, quest'anno, probabilmente giocherà in maniera più intelligente. Kaka non è male a distribuire palloni e Ronaldinho si è trasformato in qualcosa di più del giocatore sbruffone e senza cervello di quattro anni fa. Non c'è nulla di intrinseco al football brasiliano che obblighi la nazionale a giocare duro – la squadra che vinse nel 1994 giocò un calcio notevolmente economico. Allo stesso tempo, forse non avrebbero trionfato se ci fossero stati gli Yugoslavi. Dragan Stojkovic, Dejan Savicevic, Vladimir Jugovic… Sogno ancora la finale che non si è mai realizzata: il Brasile che costruisce l'azione pazientemente con Dunga come regista, Savicevic l'architetto dei contrattacchi yugoslavi. Un calcio paradisiaco giocato come il gatto con il topo. Il Brasile è allenato dal medesimo coach che lo ha portato alla vittoria nel '94, Carlos Alberto Parreira, un uomo che ben conosce il calcio, ma questo non garantisce nulla: se continuano a giocare nello stile che ci hanno inflitto quattro anni fa, per il bene del gioco stesso, devono fallire. Questa fissazione puerile e aristocratica con il talento grezzo deve finire. Se continua, quanto manca al momento in cui i bambini di otto anni decideranno di preferire il wrestling professionistico? Se non altro quello non finge di essere nulla più di onesto intrattenimento di basso mercato.

Una nota finale sugli arbitri scandalosi: quante volte abbiamo visto eccellenti squadre dell'est europeo essere danneggiate da pessimi arbitraggi in tornei internazionali di prestigio? Più o meno uniformemente, i giocatori rumeni, cechi, serbi, montenegrini e croati sono tecnicamente raffinati. Il loro problema sta nell'essere troppo ben addestrati.Il loro stile di gioco di solito non è abbastanza brillante per i bambini di otto anni. In più, queste squadre rappresentano Paesi piccoli con pubblici televisivi numericamente limitati, privi di un consistente potere d'acquisto. Esempi: Cecoslovacchia – Italia nel 1990; Yugoslavia – Olanda nel 1998; Repubblica Ceca – Olanda agli Europei del 2000; Repubblica Ceca – Grecia agli Europei del 2004 (il pian
o era, presumibilmente, quello eliminare i Greci ad opera del Portogallo alla finale. Alla fine, la Grecia si è meritata il trofeo, in quanto unica squadra ad aderire costantemente ai principi fondamentali del gioco).

Quando parliamo di personaggi famosi, mi capita di chiedere ai miei studenti cechi se c'è qualche celebrità che odiano così tanto da voler torturarlo/a a morte. Di solito rispondono Pierluigi Collina. Nel mio caso, aggiungete Sepp Blatter alla lista.