Il legame sinistro. Berlusconi e la cultura della corruzione. Intervista a David Lane(Economist)

Il titolo originale del libro di David Lane, Berlusconi’s Shadow [N.d.T.: L'ombra di Berlusconi], avrebbe dovuto essere The Sinister Nexus [N.d.T.: Il legame sinistro], ma poi, grazie al prammatico intervento dell’editore, il nome di Berlusconi viene nominato nel titolo. Un cambiamento azzeccato, considerato il fatto che Berlusconi è il personaggio principale, ma il titolo originale svela l’ambizione del libro. “Volevo trattare l’argomento 'Mafia', la corruzione, il sistema giudiziario”, dice Lane, corrispondente di affari e finanza italiana per l’Economist. “Volevo dipingere un ritratto dell’Italia contemporanea, usando svariati elementi, come in un mosaico”.

Nonostante il consistente materiale autobiografico, e nonostante Berlusconi sia il personaggio principale, egli fa la sua comparsa solo nel secondo capitolo. Il libro comincia con un paragrafo intitolato “Mafia” nel quale l’autore descrive in dettaglio gli sforzi intrapresi dal sistema giudiziario per contrastare Cosa Nostra, poi culminati nei maxi processi e nell’assassinio di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, dei due protagonisti della lotta alla mafia. In effetti, il libro risulta essere una disamina del tradimento di chi era impegnato nella lotta alla Mafia e alla corruzione, fenomeno conosciuto anche come Mani Pulite. Lane è d’accordo: “E’ di sicuro uno dei punti fondamentali del libro. Dodici anni fa l’Italia avrebbe avuto l’opportunità di rafforzare la propria posizione contro due enormi punti deboli del suo governo, ossia Mafia e corruzione. Tangentopoli era un’occasione per ricominciare daccapo. Ma come si è visto dai casi di corruzione tuttora esistenti, questo non è accaduto”.

Il libro tratta un argomento complesso e analizza l’ascesa finanziaria di Berlusconi, partendo dai suoi primi affari e dalle relative indagini della finanza per arrivare alle sue svariate interferenze nel sistema giudiziario in seguito alla sua rielezione del 2001.Sia nel libro che durante l’intervista, Lane mette in discussione le idee largamente diffuse su Berlusconi. Quando suggerisco che l’ascendente di Berlusconi sugli italiani è basato sul suo fiuto per gli affari, l’autore replica “Su questo non sono d’accordo. È estremamente abile nel cogliere l’occasione, nello sfruttare persone e opportunità. Ma che abbia il senso degli affari, non direi. Si pensi all’operazione commerciale della Standa (acquistata da Berlusconi nel 1998), è stata un totale fallimento. Quando si tratta di essere competitivi sul mercato, lui non è all’altezza. Si appoggia ad una rete di raccomandazioni e di amicizie”. Come mai allora la sua popolarità in Italia contrasta in modo così stridente con la realtà dei fatti? “E’ un mito che lui stesso ha contribuito a creare: chi controlla i mezzi di informazione può creare un mito – spiega Lane – I servizi finanziari erano il campo di Ennio Doris, non quello di Berlusconi. Berlusconi ci ha messo il denaro, ma è stato Ennio Doris a creare il successo. La Standa è stato un fallimento. In televisione non c’era competizione”. Certo, c’era la Rai, la televisione di stato, ma come dimostra Lane nel suo libro, era controllata da Craxi. La Rai rimaneva continuamente tagliata fuori mentre Berlusconi consolidava il suo potere mediatico. “La maggior parte delle colpe vanno attribuite a Craxi – dice Lane con evidente disgusto- Era un criminale, completamente corrotto.”

Craxi, leader del partito socialista e primo ministro, approvò alcune leggi a beneficio di Berlusconi e dei suoi interessi, promulgando ad esempio un decreto legge che nel 1984 riuscì a salvare alcuni canali televisivi di Berlusconi che i magistrati di Roma, Torino e Pescara erano intenzionati a chiudere. Alla vigilia di Tangentopoli, Craxi lasciò l’Italia e si rifugiò in Tunisia, dove morì in esilio.

Alla vigilia di Tangentopoli, la scandalosa corruzione portata alla luce da alcuni coraggiosi magistrati, Berlusconi si sentì obbligato a 'scendere in campo'. Come lui stesso affermò, non voleva vivere in un paese illiberale. Le sue ragioni per entrare in politica, secondo il mito che lui stesso contribuisce a diffondere, furono disinteressate: “L’Italia ha più che mai bisogno di un leader esperto e con la testa sulle spalle, creativo, innovativo e capace di dare una mano, di far funzionare lo Stato”. L’interpretazione di Lane non crede alla tesi dell’altruismo e ritiene che la decisione di Berlusconi di entrare in politica sia stata una mossa difensiva: con la reputazione di Craxi, il suo protettore politico, infangata dagli scandali di Tangentopoli, Berlusconi si sentiva vulnerabile. Il sistema politico italiano era in subbuglio a causa delle scottanti rivelazioni degli investigatori e dei magistrati milanesi e molte posizioni che sembravano inattaccabili cominciarono a dar segni di cedimento (pag.22). Infatti Berlusconi entrò in politica per tutelare il proprio impero economico, cosa che riuscì a fare con notevole successo. Ma, secondo Lane, il suo ingresso in politica, impedì all’Italia di liberarsi dalla sua corruzione quasi endemica: “Finse di presentarsi come una persona nuova, di avere nuove idee e di voler riformare le cose, ma – dice Lane – naturalmente non lo fece”.

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