Il giorno dei giorni, fino a quel giorno voi non svegliateci – Ligabue Campovolo

Le macchine sono messe in fila già allo svincolo per Reggio Emilia. I finestrini sono abbassati, il sole è forte e i gomiti fanno capolino dagli sportelli. In quelle macchine ci sono le canzoni di Luciano Ligabue, tanta pazienza e quella sensazione che percorre velocemente i bambini quando vanno a dormire la notte della vigilia di Natale, e sanno che il mattino arriverà di sicuro.

Così si è aperto questo 10 settembre delle loro vite. Tutti lo ricorderanno come il loro personalissimo “giorno dei giorni” e c'è da scommetterci che anche lui lo ricorderà apostrofandolo così: il primo (e unico) concerto di Luciano Ligabue in questo anno solare, il 2005… ma probabilmente, con un concerto così, possiamo dire anche in questa vita.

Le macchine e le canzoni di Luciano sono ferme al casello per lasciarsi alle spalle, finalmente, l'odiata autostrada. Tra di esse si muovono ragazzi che indossano maglie nere e cartellini plastificati con il logo del Campovolo: distribuiscono volantini che riportano mappe, informazioni e consigli utili su quello che è entrato di diritto nel Guinness dei Primati come il concerto europeo, tenuto a pagamento da un singolo artista, che ha registrato il maggior numero di presenze di tutti i tempi. Il record precedente è stato polverizzato: lo detenevano gli U2 con 146mila voci urlanti, e lo conquistarono proprio lì su quello stesso campo nel 1997.

Sono 5 le radio collegate per gli aggiornamenti in tempo reale; 8 i parcheggi a pagamento allestiti intorno al Campovolo, dalla 'A' alla 'H'; 3000 i metri quadrati attrezzati per camping, tende e roulotte; e 150mila la superficie che, dalle 21.30 in poi, verrà battuta e calpestata da più di 360mila suole ipnotizzate da un unico grande ammaliatore. Tutto è immenso, stratosferico, tutto è da Guinness.

Il sole è oramai alto sul Campovolo. E' un continuo ribollire di schiamazzi e risate, di gente che urla al telefono, di altri che agitano le braccia in questa o quella direzione nella speranza che chissà chi li possa vedere. I ragazzi, più o meno giovani e provenienti da ogni città, hanno messo via le loro magliette già da un bel po': indossano soltanto jeans a vita bassa, cappellini appena comprati dagli stand ufficiali, occhiali da sole scurissimi, dei bei sorrisi e c'è anche qualcuno che fuma, o che scorrazza a piedi nudi qua e là facendo attenzione a non calpestare nessuno.

Un elicottero ronza continuamente proprio sopra di loro. In lontananza spicca qualche palla che ballonzola tra la folla. Alcuni fanno le prove con gli striscioni che hanno preparato per il loro idolo. Alle orecchie musica di ogni genere, che è lì per far pesare un po' meno le ore di attesa.

E' mezzogiorno spaccato, quando tutto questo si ferma senza alcun preavviso: la prima a fermarsi è la musica, cui nessuno aveva dato grande peso fino a quel momento, poi, di riflesso, si è fermato tutto il resto. Dagli altoparlanti comincia a sprigionarsi il suono delle corde di una chitarra pizzicate dolcemente e poi una voce: “Le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi…”. Inconfondibile, basta questo primo verso per far saltare come molle tutti in punta di piedi a volgere lo sguardo verso il palco “Main” davanti a loro, ma lì ci sono solo un paio di tecnici indaffarati con i cavi.
In quel momento Luciano Ligabue non è in nessun posto: è nell'aria che i presenti stanno respirando, è nelle loro narici e fin dentro i polmoni, e lo è ancor di più quando tutto Campovolo si unisce al suo canto, fino alla fine della canzone. A 7 anni dalla sua morte, neanche il grande Lucio Battisti avrebbe potuto immaginare omaggio migliore di questo.

Quando anche la chitarra si ferma – dopo il consueto e fragoroso applauso di rito – ogni cosa riprende come prima: la musica cui nessuno bada, gli schiamazzi, le risate, i piedi nudi nel parco, le palle che saltellano in lontananza, le prove con gli striscioni e l'elicottero che ronza tutt'intorno.

Ecco arrivate le 21.16. Elisa, l'ultima a esibirsi in una interminabile carrellata di gruppi spalla che ha preso il via alle tre del pomeriggio, saluta tutti col suo bel sorriso e se ne va, non prima di augurare al Campovolo di godersi lo spettacolo… Sì, lo spettacolo: che è lì davanti a tutti e che promette molto bene, nonostante del protagonista non vi sia ancora alcuna traccia. La realizzazione del concerto è costata 5 milioni di euro: intorno ai 4 palchi 1000 punti luce – talmente d'effetto da far sembrare il “Main” un'astronave aliena pronta per il decollo – 300 diffusori audio e 9 milioni di watt per rendere tutto questo possibile.

Sono le 21.20. Da dietro il “Main” sbuca il manager (e anche grande amico) Claudio Maioli, che grida, gettando benzina a secchiate sulle 180mila fiamme del Campovolo: “Voi avete battuto un record! Voi siete il record!!!” e, dopo aver fatto le raccomandazioni di rito per l'incolumità di tutti, lascia il palco dicendo: “Lo show inizia fra 5 minuti!”. Palco “Main” di nuovo a soffrire di solitudine.

E' l'autocelebrazione con la A – ma anche con tutto il resto – in maiuscolo. Passano pochi minuti e le 1000 luci del Campovolo si spengono, mentre sugli 8 megaschermi piazzati qua e là tra i vari palchi, un satellite spia il mondo che ruota rapidamente su se stesso come fosse una palla da basket sull'indice di un cestista davvero bravo. Uno zoom centra gradualmente l'Italia, poi l'Emilia, Reggio, il Campovolo e infine la sterminata marea dei 180mila… Sono tanti bambini che aprono gli occhi e si ritrovano nel giorno di Natale: sapevano tutti che, prima o poi, sarebbe comunque arrivato.

Ben presto al fragore della folla, che ha le cinture bene allacciate ed è pronta sulla 'rampa di lancio', si mischia tutto un frinir di grilli notturni: sugli schermi compare la sagoma sfocata di qualcuno che, poco a poco, comincia a mettersi a fuoco, ma a molti (a tutti) quel tale è da subito familiare. Così inizia il video de Il giorno dei giorni, che Luciano regala in anteprima assoluta a chi è venuto lì e ha fatto tanta strada per lui. Camicia nera a maniche corte, jeans scuri, fascetta di cuoio al polso destro, la chitarra imbracciata e le braccia spalancate, come a dire: “Beh, Eccomi qua!”. Così sul palco “Main”, così su ogni megaschermo.

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